Nel 2027 molti lavoratori che credevano di poter andare in pensione dovranno affrontare una brutta sorpresa.
Il sistema pensionistico italiano è in crisi da anni. E la situazione sta peggiorando sempre di più a causa dello squilibrio demografico e della ridotta vita lavorativa media. La popolazione invecchia sempre di più e la nazione affronta un terribile calo delle nascite. Ciò porta a un rapporto poco lineare tra lavoratori e pensionati.

Secondo l’INPS, entro il 2040 ci saranno 57 pensionati ogni 100 lavoratori. Un rapporto evidentemente insostenibile per le casse dello Stato. C’è poi da mettere in conto una vita lavorativa media sempre più breve… in Italia la media è di circa 34 anni di lavoro, a fronte di tanti pensionati che, grazie al vecchio sistema, hanno smesso di lavorare intorno ai 60 anni.
Il sistema italiano si basa sul meccanismo della ripartizione. I contributi dei lavoratori attuali dovrebbero finanziare le pensioni di chi è già in pensione. Ma se i giovani lavoratori diminuiscono, per questioni demografiche o economiche, non è possibile togliere la pensione agli anziani che intanto aumentano.
E così la spesa per le pensioni in Italia oggi supera il 15% del PIL, un livello spaventoso, tra i più alti d’Europa. Con la riforma Formero del 2011 sono stati introdotte diverse novità tese a rendere il sistema più sostenibile. Fra queste si è deciso di delegare all’ISTAT il rilevamento, ogni due anni, dell’andamento della speranza di vita alla nascita e a 65 anni.
Sulla base di questi dati, il Governo recepisce l’adeguamento con un decreto o direttamente nella Legge di Bilancio… Le statistiche sono importanti, perché in molti casi determinano le scelte politiche. Se la matematica demografica, per esempio dice per esempio che il sistema sta collassando, i lavoratori devono adeguarsi.
Nel 2027 la pensione arriva a 67 anni e un mese: la novità
Ecco perché il lavoratore italiano che sogna la pensione sa di dover fare i conti con l’incertezza del calcolo contributivo, con le varie novità introdotte dalle riforme e, soprattutto, con un meccanismo che lega l’età pensionabile alla speranza di vita. Da più di dieci anni, la pensione tiene infatti conto della lunghezza media della vita degli italiani.

In pratica, se gli italiani vivono più a lungo, lo Stato deve imporre che debbano lavorare di più. E così, nel 2027, conseguentemente a questo meccanismo, si andrà in pensione a 67 anni e 1 mese. Nel 2028 a 67 anni e 3 mesi. Il Governo, con la Manovra 2026, ha però deciso di non far arrivare subito il colpo di tre mesi, ma di spalmarlo. Un mese nel 2027, due nel 2028.
Secondo il calcolo originario, infatti, era previsto un aumento secco, che poi l’esecutivo ha preferito diluire. Siamo di fronte a un tipico compromesso politico. Da un lato, il Governo si è dovuto piegare alla legge che collega pensioni e demografia. Dall’altro ha provato a nascondere l’aumento, per dare l’impressione di non aver aumentato l’età pensionabile, in contraddizione con le promesse fatte in campagna elettorale.
Non tutti i lavoratori dovranno affrontare questo aumento. Lavori usuranti e gravosi potranno ancora godere di canali di uscita anticipati. E alcune categorie con requisiti speciali, come per esempio chi ha maturato già 64 anni entro il 2027, non vedranno slittare la loro finestra di uscita.





